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Una montagna di eccellenze
matrice di cammarata

La matrice di Cammarata

Chiesa Madre dedicata a San Nicolò di Bari

L’attuale chiesa sorge sulla vecchia area dell’antica Chiesa Madre incendiatasi nel 1624; in seguito venne demolita e sulla stessa superficie venne costruita appunto l’attuale Chiesa completata nel 1668. Dopo pochi anni si scoprì che l’attuale Chiesa non sorgeva su di un’altra ma bensì su altre due, tra cui la Chiesa della Santissima Trinità.

Aperta al pubblico, Si trova in Via San Nicola di Bari 3 ( meglio da Via Matrice) Cammarata. Parcheggio difronte la chiesa. Parroco di riferimento: Don Antonio Cipolla

prospetto antico chiesa madrice di cammarata
panoramica chiesa matrice
fcciata matrice di cammarata oggi
san nicola di bari

Storia

Lungo il corso dei secoli è stata abbellita con stucchi realizzati tra il 1700 e il 1800 dall’arciprete Raffaele Rizzo. Vi sono molte opere e alcune provengono dalla vecchia Chiesa come la tomba del principe Blasco Branciforte, morto nel 1547 e poi il “Ciborio” di Andrea Mancino realizzato nel 1490; l’altare è stato fatto costruire da Antonio e Isabella Abatellis come Altare del Sacramento, dove restò almeno fino alla costruzione della nuova chiesa. Il Ciborio raccoglie in una mirabile sintesi teologica ed artistica attorno al tabernacolo, fiancheggiato da angeli e sormontato da un baldacchino, i quattro Evangelisti e i Padri della Chiesa. Il alto domina la figura del Padre Eterno; sotto la nascita di Gesù, la crocifissione, gli apostoli Pietro e Paolo e al centro l’iscrizione dove si dice che sotto Francesco Branciforti nel 1642 dopo la riedificazione della chiesa fu posto lì, essendo già stato rinnovato nel 1573 da Ercole Branciforti. In basso vi è una fascia dove sono rappresentati i dodici Apostoli con Maria e Gesù e in ultimo San Nicolò di Bari, protettore di Cammarata. Questo altare viene chiamato anche Retablo. Poi vi è il quadro del Buttafuoco risalente al 1598 e inoltre vi sono altre tele ad olio del 1500, 1600, 1700 e 1800. Vi è la cappella di San Nicolò che, come detto in precedenza, è il protettore di Cammarata e la festa in suo onore si celebra il 6 dicembre. Nella cappella troviamo un mezzobusto ligneo dorato che rappresenta proprio il Santo che racchiude in petto la reliquia. Sulle pareti laterali vi sono collocate due tele che rappresentano i miracoli del Santo (quello del Coppiere e quello dei tre fanciulli). A sinistra invece troviamo una lapide di ardesia la quale porta un’iscrizione: si dice che la Chiesa è stata rifatta in una forma molto più bella sotto il principe Branciforti e si ordina di conservare una “tabulam” del Crocifisso e San Nicolò, dipinta con singolare maestria per ordine degli Abatellis nel 1664. Dentro la Chiesa inoltre possiamo trovare un organo in ristrutturazione e il pulpito del 1600 quindi in stile Barocco fatto costruire dal Sacerdote Giuseppe Castellano e i maestri A. Cardillicchia e A. Maggio di Cammarata; nel 2000, in occasione del Giubileo, è stato ristrutturato su commissione dell’ Arc. D. Mario Albanese insieme al banco dei giurati dove in antichità prendevano posto i rappresentanti del Comune ovvero i Giurati.

Abbiamo anche l’altare della Madonna dei Miracoli dove troviamo una statua racchiusa in una nicchia bramantesca lignea di oro zecchino, ornata di piccoli ma pregevoli pitture riproducenti la nascita di Maria e lo sposalizio con Giuseppe. Si narra che il principe aveva ricevuto la grazia dalla Madonna e così organizzò una fiera per le vie di Cammarata per renderle omaggio e durante la seconda domenica di ottobre le faceva un omaggio; successivamente la festa continuò a svolgersi a San Giovanni Gemini e tuttora si celebra la seconda domenica di ottobre. Nel 1663 venne realizzata la tela ad opera di Michele Lapis dell’altare di San Calogero la cui festa si celebra la seconda domenica di agosto. La caratteristica della devozione è il pane che prende forma dalle varie parti del corpo umano come ex voto per le guarigioni attribuite al santo. La tela rappresenta Ignazio di Loyola e Francesco Saverio; sullo sfondo riporta lo scorcio del paese di Cammarata sormontato dal castello e sotto lo stemma del paese con una donna che allatta il serpente con le seguenti parole: “alios nutrit suos spernit” che significa “nutre gli altri, disprezza i suoi”. A destra nella navata centrale troviamo anche la tomba di Pietro Panepinto un benefattore della chiesa che mori nel 1575; all’interno dell’ufficio del parroco troviamo pure il suo ritratto. L’uomo lasciò tutti i suoi beni alla chiesa come ad esempio il mulino ad acqua, che serviva a macinare il frumento, ma una parte fu distrutta. Poi vi è un’urna argentea, sempre dentro l’ufficio, fatta realizzare dal principe Branciforte e contiene le reliquie di Santa Rosalia. In ultimo, sotto l’altare vi è la statua di un pecora che veniva utilizzata durante la pasqua per conservare l’eucarestia; la chiave viene conservata invece dal prete e su di essa sono inseriti tutti i segni della passione. Mentre nella sacrestia troviamo un quadro dove vengono elencati tutti gli arcipreti di Cammarata.

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L'organo della matrice

L’organo della Matrice è sicuramente uno degli organi più antichi della Sicilia. La prima realizzazione risale al 1506 ad opera di Giovanni De Blundo, autore in quegli stessi anni dell’organo maggiore della cattedrale di Cefalù, molto simile per tipologia a quello di Cammarata; tuttavia, nel corso dei secoli ha subito diversi interventi. Un dato storico è confermato da un cartiglio applicato in alto al centro del leggio, che ci conferma che lo strumento fu rinnovato da don Gaspare Franco nel 1775, mentre la cassa armonica mantiene gran parte della struttura in legno e la decorazione cinquecentesca. È molto probabile che provenga da un’altra chiesa, considerato che la vecchia Chiesa Madre venne distrutta da un incendio nel 1624. Un’importante modifica venne effettuata da Francesco La Grassa, uno dei più celebrati organari siciliani, nato a Palermo e morto a Cammarata il 19 novembre del 1868, forse mentre stava lavorando all’organo della Matrice. Venne sepolto nella chiesa San Giuseppe, oggi non più esistente. Nel XX secolo furono eseguite due accordature straordinarie, una nel 1905 e un’altra nel 1962 in cui vennero sostituiti i mantici azionati a mano con un mantice elettrico.

Lo strumento attuale si compone di 611 canne, una tastiera con 45 tasti, 8 pedali e 10 registri. Il restauro ha interessato la parte strumentale (canne, somiere, tastiera, registri, meccanismi, ecc.) e la cassa armonica con tutte le sue parti decorative. Grazie a questi interventi, eseguiti magistralmente dai restauratori, prof. Giuliano Colletti e Giovanna Comes, l’organo della Matrice è stato restituito all’antico splendore sia dal punto di vista artistico, ma soprattutto musicale per l’eccellente qualità fonica.

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