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Bruschetta "da terza passata" di "pumadoru siccagnu" di Cammarata e San Giovanni Gemini


Ricettuzza soprita soprita (carina carina) che consigliamo a tutti:


Ingredienti per un barattolo medio\piccolo:

Passata di pomodoro freschissimo preferibilmente tipo "siccagno"

Menta q.b.

Basilico q.b.

Alici sott'olio a piacere (facoltativo)

Orginano q.b.

Peperoncino secco o fresco q.b.

Oilio EVO q.b.

Sale e pepe q.b.

1 spicchio d'aglio piccolo


Materia prima, storia e preparazione:

Potremmo dire tritare tutto e stop ma con un pò di accortezza e materia prima di qualità viene una salsetta per la tua bruschetta davvero buona e fresca in estate.

Partire dal pomodoro innanzitutto, fortunatamente come in tutto l'entroterra Siciliano a Cammarata e San Giovanni Gemini abbiamo il pomodoro Siccagno, una Pianta a crescita determinata coltivata in pieno campo anche all'asciutto con ottimi risultati. I pomodori hanno un peso medio di 80 gr, di forma ovale-quadrata. Il pomodoro siccagno è molto apprezzato per la possibilità di essere coltivato senza irrigazioni e in terreni aridi, dove le precipitazioni scarseggiano, nonostante ciò è in grado di produrre frutti con caratteristiche qualitative e nutrizionali del pomodoro tipico siciliano. Con il siccagno, in passato, si produceva un ottimo concentrato (l’astrattu), la passata e i pomodori secchi.

Alla raccolta e alla trasformazione si riuniva tutta la famiglia anche i bambini. Per fare l’astrattu si lasciava essiccare al sole la passata su tavole in legno (maìdde). I bambini si occupavano della arriminata (rigirata), cioè per tutto il giorno dovevano rigirarla, al tramonto si recuperava (si faceva la arricugghiuta) si appallottolava con le mani unte d'olio e si metteva in grandi orci o si conservava nella carta ben oleata. Alta resa si ha dalla lavorazione del pomodoro fresco in passata di pomodoro anche senza l'aggiunta di altri ingredienti, contiene poca acqua, molta polpa ed un elevato contenuto zuccherino. Si preparano eccellenti sughi anche senza sale ma ritorniamo alla ricetta, non avendo questo tipo di pomodoro usate quello che potete trovare anche se non sarà proprio lo stesso ma ok.


Far bollire il pomodoro con poca acqua finchè non si apre, in caso fare un taglietto ad x sulla buccia per fare prima.

Appena sbollentati inserirli nel passaverdure a maglie un pò più larghe, la parte più liquida passerà è andra nel contenitore per la salsa che potrete usare per altre ricette ma voi dovrete prendere soltanto la polpa che resterà attaccata al passaverdure, questo procedimento sarebbe ancora migliore usando un passaverdure elettrico che si trova in quasi tutte le case siciliane che fanno la conserva di pomodoro.

Questa macchinetta Spreme ovviamente molto meglio il pomodoro e butta lo scarto in un altro contenitore,ecco, quello che serve a noi è proprio quello, lo scarto, che ripreso e rinserito nel imbutone della macchina spremerà ancora di più il pomodoro che solitamente viene buttato. Questo procedimento si farà per la bellezza di tre volte, quindi quello che uscirà e davvero denso e polposo. Invece per chi non ha questa macchina con una buona dose di olio di gomito passare il più possibile il pomodoro.



Quando si hanno grandi quantità di pomodoro come lo facciamo noi per fare la conserva ("a sarsa") per un intero anno è molto più facile avere quantità adatte per riempire barattoli della "terza passata" ma in caso contrario fate piccole quantità per poche bruschette ma va bene ugualmente.

Adesso tritiamo tutto: aglio, peperoncino, basilico, menta, alici e inseriamoli nella ciotola o barattolo del pomodoro, sale, pepe e olio EVO e amalgamiamo il tutto. Finito.Stop.

Adesso lo si fà riposare per far sì che gli ingredienti diventano un tutt'uno per un'esplosione di sapore.

Il giorno dopo invita gli amici, prendi dei bei bicchierozzi di vino e affetta il pane e lo fai tostare e ci metti sopra il pomodoro di bruschetta di Cammarata e San Giovanni Gemini :-D magari accompagna il tutto con due olivette e qualche formaggio dei monti sicani e un salamino dal macellaio di fiducia e arricriati.


Quel piacere assoluto di sentirsi 'arricriati'

IL SICULO sa che ogni piccolo piacere ha una sua grandezza. Impegnato nel quotidiano cummàttiri egli trova sempre l' appiglio per riaccendere giornate grigie e riempirle di colore. È in questi squarci di piacevolezza che si palesa la sua natura irriducibilmente epicurea, grazie alla quale gli riesce di cogliere il bello anche nei dettagli minuscoli. E dovendo racchiudere dentro una parola quello stato di momentanea beatitudine, dice di se stesso: m' arricrìu. C erto, siamo nella sfera delle cose minimal. Quelle che i continentali non capiscono e mai capiranno. Cosa ne vogliono sapere, dall' altra parte dello Stretto in su, di come il siciliano possa essere un dio delle (sue) piccole cose? E di quanto egli sia capace di azzizzàrisi ' i jurnàti anche nel pieno di una condizione ostile o sul bordo della depressione? Invece proprio in quei momenti egli trova un modo per alleviare il carico.Ea quel modo s' abbandona, come in un deliquio. Dolcemente scivolando su un piano appena inclinato. E sempre trovando l' atterraggio morbido verso un luogo in cui possa sostare un minuto come un mattino, ma sempre e soltanto il tempo che basta. Ché nelle piccole cose la misura conta, e l' abuso sdìgna. Questo è l' arricriàrisi: la sospensione del tempo e dello spazio, persino di se stessi. Parsimoniosamente attuata liberandosi nel brevissimo termine delle zavorre esistenziali ( "lassàtimi stari tantìcchia quètu" ),e senza la paura di riprenderle quando verrà l' ora. Colui che s' arricrìa va dentro una parentesi. In essa s' immerge a beddu còri per assorbirne l' energia quanto più possibile. Soprattutto, l' arricriàrisi è un frangente che porta il siculo a tampasiàre dentro se stesso e la sensazione del momento, in cerca della piena estasi. Un' esperienza totalmente individuale ( "iu sulu ' u sàcciu quantu mi stàiu arricriànnu" ); e perciò incomunicabile, in diversi sensi. Infatti, c' è in primis che l' arricriàrisi è una sensazione irripetibile, provata da ciascuno secondo una sensibilità propria. Il modo e la circostanza attraverso i quali ognuno s' arricrìa non sono identici a quelli di chiunque altro. Perciò come fare a dire cosa possa oggettivamente generare tale condizione? Si può soltanto dire che "manciàrimi ddu cannòlu m' arricriò", o "mi fici arrìdiri accussì assa' ca m' arricriài", e perfino "si ddormu menzùra doppu ca mànciu a mazziòrnu mi sentu arricriàtu". Ma è soprattutto nella versione italiana che l' arricriàrisi diventa incomunicabile. Specie perché intraducibile. Immaginatevi la reazione del continentale nel sentir dire dal siculo: "Mi sono ri-creato". Che forse questa misteriosa gente isolana sia capace d' autopoiesi? O piuttosto quello udito è soltanto un bizzarro modo per significare d' essersi appena resettati (ciò che invece il siculo, per assonanza, assocerebbe all' espressione in lingua madre "m' arrizzittài" )? È il solito problema delle (inesistenti) regole d' ingaggio fra termini non intercambiabili, aggravato da un equivoco gioco di specchi linguisticamente deformi che impressionano con le somiglianze e distraggono dalle differenze. Il siculo che italianizzando converte "m' arricrìu" in "mi ricreo" compie uno scivolone nell' italiano maccheronico, come quando in traduzione simultanea parla di "buttare voci" o di "essere sdegnato".E tuttavia, dietro il qui pro quo, un fondo di verità deve esserci. Perché davvero, da dio delle (sue) piccole cose, il siculo che s' arricrìa un po' si ri-crea anche. Nel senso che si rigenera, e da quel momento in poi torna a affrontare con animo quieto le brutture e gli spigoli del quotidiano. Di fronte ai quali, anzi, riesce pure a farsi di gomma respingendo ogni assalto. Come quando, rispondendo a una critica o a un insulto, li rovescia con una mossa di ju-jitsu addossoa chi glieli ha scagliati dicendogli: "Cu parlò m' arricriò!". Per poi andarsene via arricriàto due volte: per se stesso, e p' a fiùra ' i trunzu accucchiàta dall' altro.

Articolo preso de "la repubblica" autore pippo russo dicembre 2009

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